COSA SIGNIFICA PINKWASHING?
Innanzitutto che cosa si intende con il termine pinkwashing? Rappresenta l’unione del sostantivo inglese “pink” (rosa) e del verbo “whitewashing” (nascondere o imbiancare). L’origine della parola fa riferimento agli anni Novanta ed è stata utilizzata da un’associazione per la lotta contro il cancro al seno. Lo scopo è stato quello di smascherare le aziende che usavano questa causa sociale per scopi di lucro e profitto non a fine di beneficienza.
IL PINKWASHING E LE STRATEGIE DI MARKETING
Il concetto di Pinkwashing è diventato ormai una vera e propria strategia di marketing che mira a “coprire di rosa” prodotti di alcuni brand iconici. L’obiettivo? Accattivarsi la simpatia dei consumatori (in particolare le donne) e in senso più ampio spingere all’acquisto. Infatti, l’impegno etico e sociale verso l’emancipazione femminile sta diventando sempre più una tematica che interessa gran parte della popolazione.
Tecniche correlate sono il rainbow washing che fa riferimento al movimento LGBT, termine che viene utilizzato da alcuni brand come causa sociale per ottenere consenso da parte della comunità. Un altro fenomeno è il greenwashing (“ecologismo di facciata”) che vuole proporre un’immagine positiva ingannevole del brand dal punto di vista ambientale.
CASI STUDIO
Per comprendere al meglio il pinkwashing, come strategia di marketing, possiamo prendere in esame alcuni casi di studio come:
- KFC
Fonte: pngkeyti
Nel 2010, il noto franchising del pollo fritto KFC, ha stretto una partnership con Komen, associazione per la prevenzione e la lotta contro il cancro al seno. Per l’occasione, oltre al cambio di packaging in cui il celebre secchiello si è tinto di rosa, KFC ha raccolto 4 milioni di dollari da devolvere all’associazione: per ogni bucket acquistato, sono stati donati 50 centesimi in beneficienza. Nonostante l’ottimo risultato, KFC aveva già devoluto tutta la somma a Komen prima ancora che iniziasse la campagna, perciò l’iniziativa è stata solo un modo per ottenere visibilità e mostrare l’impegno etico del brand.
- REEBOK
Fonte: seprun.com
Sempre nello stesso anno, Reebok ha creato la linea di scarpe in limited edition “Kamikaze II Mid” per supportare la raccolta fondi del brand di cosmetici Avon per la lotta contro il cancro al seno. In questo caso però, non venne dichiarato il raggiungimento del tetto massimo di $750,000, perciò tutte le vendite, dopo tale somma, non furono devolute in beneficienza, ma divennero incassi diretti dell’azienda.
- PRIMARK
Fonte: pinterest
Un caso più recente di rainbow washing, fa riferimento a Primark che nel 2018 ha ideato una collezione dedicata per celebrare il mese del Pride. Parte della vendita sarete stato donato a Stonewall, un’associazione britannica che si batte per i diritti della comunità LGBTQ+. Il noto brand di abbigliamento è stato accusato di aver fatto produrre i capi della collezione in Turchia e Myanmar, paesi in cui i diritti LGBTQ+ sono molto limitati. Inoltre, Primark è stato criticato per aver scelto un’associazione già molto popolare come Stonewall piuttosto che dare sostegno a realtà locali più piccole.
È importante sottolineare l’impegno sociale ed etico dei brand più influenti nei confronti dei propri consumatori, per questo il Pinkwashing, se preso alla lettera, può avere dei risvolti decisamente positivi nell’influenzare l’opinione pubblica.
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